mercoledì 30 aprile 2008

Sulle (presunte) radici cristiane dell'Occidente.

La Terra è un pianeta. Come tutti i pianeti, ha una forma sferica. Pertanto, ogni punto ha sempre un punto che lo precede e sempre uno che lo segue. Ogni Occidente è sempre a oriente di qualcosa, ogni Oriente è sempre ad ovest di qualcosa.
Detto ciò, lo scontro di civiltà tra Occidente (democratico, liberale e liberista, progressista, illuminato, moderno) e l'Oriente (dittatoriale, teocratico, tradizionalista, oscurantista) è un'autentica stronzata: in primisi, perchè i termini del confronto sono invenzioni (nè l'Occidente nè l'Oriente sono omogenei); in secondo luogo, perchè è facile scorgere molta più modernità e democrazia liberale nella tradizione buddista tibetana che nell'Italia di veltrusconi, quella del yes we can e delle leggi ad personam.
Come può una cosa che non esiste (l'Occidente) avere radici? Non è possibile, infatti. Volendo violentare le nostre intelligenze, arrivando a concepire l'inconcepibile Occidente, arriviamo a comprendere che se mai l'Occidente esistesse e avesse delle radici, esse non sono certo cristiane! In realtà, la ricerca delle radici dell'Occidente va cercata molto prima della venuta del sedicente Cristo: nella Roma repubblicana, e prima ancora nella Sparta tradizionalista o nella civiltà druidica e celtica del nord europa. Le radici dell'Occidente (se esistesse, lo ripeto) sarebbero pagane, non cristiane.
In questo, il cosiddetto Oriente ci è certamente superiore! Le radici dell'Oriente (se esistesse, lo ripeto) sono antiche quanto le nostre, ma molto più forti e salde. Basti pensare alla tradizione millenaria cinese, oppure all'Iran, perfetto esempio di tradizionalismo (anche se teocratico, e quindi negativo) che si contrappone al modernismo occidentale. Vi posto di seguito un brevissimo scritto di Massimo Fini, che vi gioverà:
"SONO STATO anch’io a lungo nell’Iran khomeinista e credo di conoscere abbastanza bene quel Paese. Si può discutere, naturalmente, su quel regime teocratico, ma è fuor di dubbio, a mio parere, che la fede degli iraniani sia vera e profonda e non un’imposizione. Lo Scià, nonostante godesse della protezione degli Stati Uniti, cadde in poche settimane proprio perché aveva tentato di occidentalizzare a forza gli iraniani non rispettandone i costumi, il modo di pensare, la fede (all’epoca dello Scià le prigioni erano zeppe di mullah). Il giorno in cui Khomeini, dopo anni di esilio parigino, rientrò a Teheran c’erano dieci milioni di persone ad attenderlo all’aeroporto e non ce le aveva certamente portate la polizia di un regime che ancora non esisteva. In quanto ai cristiani le masse di giovani che accorrono ad applaudire il Papa sono, almeno in Italia, più un fenomeno mediatico che religioso. Il volontariato cristiano è certamente un fatto importante, ma
esiguo. Io non ho detto che in Occidente non ci sono più cristiani, ho detto che il razionalismo economico ha ridotto al lumicino lo spazio del sacro e l’esperienza della fede."
Massimo Fini, tratto da www.massimofini.it

martedì 29 aprile 2008

E adesso... fuori dalle palle!

"La netta sconfitta di Francesco Rutelli contro Gianni Alemanno nella corsa per la poltrona di sindaco di Roma è quanto di più positivo potesse accadere al centro-sinistra. Arrivati a questo punto nessuno potrà più mettere in discussione la necessità di un totale rinnovamento delle classi dirigenti del Pd. Rutelli infatti non ha perso perché Alemanno era un candidato migliore di lui, o perché nel paese soffia ormai un vento di destra. La vittoria alle provinciali della Capitale di Nicola Zingaretti (ex Ds ora Pd), dimostra che il problema di Rutelli era quello di essere Rutelli.La sua faccia, come quella di buona parte dei leader del Partito Democratico, non è più spendibile. E non lo è da un pezzo. La speranza è che Walter Veltroni, uscito debolissimo dalle consultazioni elettorali, se ne renda finalmente conto. I primi segnali fanno però temere il peggio. Veltroni è favorevole alla nomina come capigruppo di camera e senato del Pd di Antonello Soro e Anna Finocchiaro. Cioè di due "vecchi" perdenti, la seconda dei quali, oltretutto, è riuscita a raccogliere nelle regionali siciliane più di 15 punti in meno rispetto a quanto avesse fatto, solo tre anni fa, Rita Borsellino. C'è da augurarsi che la debacle romana, spinga ora a rimescolare le carte. I capigruppo sono il biglietto da visita con cui ogni sera, nei tg delle 20, i partiti si presentano ai cittadini. I programmi e le proposte contano, è vero. Ma le idee (che in questo caso sono tutt'altro che entusiasmanti) camminano sulle gambe degli uomini (e delle donne).Non per nulla ormai sei anni fa Nanni Moretti diceva: «Con questi dirigenti non vinceremo mai». E oggi, visto che anche le elezioni del 2006 erano state solo pareggiate, credo che in pochi si sentano di dargli torto. Il responso degli elettori è stato chiarissimo: per ricominciare il centrosinistra deve solo prenderne atto."
Bravissimo Veltroni: obiettivi raggiunti. Dopo essere riuscito a debellare il comunismo dall'Italia (la CIA e la P2 non ci sono riusciti in 60 anni), dopo aver espulso dal parlamento i socialisti (il PSI era il più antico partito italiano), dopo aver causato la crisi del Governo Prodi (la famosa frase "corriamo da soli") dando il LA ai trasformismi e vendutismi mastelliani, Topo Gigio è riuscito anche a consegnare l'Italia a Berlusconi, senza che il Cavaliere dovesse sforzarsi più di tanto.
Last but not least, la creatura politica veltroniana, il famoso (e famigerato) PD, è riuscita anche a perdere Roma, dove governava da 15 anni. Certo... ripresentare Rutelli significa voler vincere lo scudetto con una squadra di sessantenni. I romani hanno votato, alla provincia, il candidato del PD (Zingaretti) e al comune hanno votato PdL (Alemanno). Tradotto: Rutelli, non ti vogliamo.
In Sicilia, 3 anni fa, Rita Borsellino prese una barca di voti, pur non riuscendo a vincere contro vasavasa Totò Cuffaro. Il PD ha pensato bene di candidare la Finocchiaro: 15% in meno rispetto alla Borsellino.
Intanto Topo Gigio continua a dire che bisogna cercare convergenze col centro (ma l'UDC nun se lo caga de pezza) e continuare ad ignorare la sinistra, chiamata indifferentemente antagonista, estrema o radicale.
Yes we can, diceva Veltroni.
And now? chiediamo noi.
Adesso... fuori dalle palle! Rutelli, Finocchiaro, Soro, Violante, D'Alema, Castagnetti, La Torre, Binetti, ecc... FUORI DALLE PALLE!!!

lunedì 28 aprile 2008

Il livello dello scontro

Se questo blog si chiama Punto di Scontro ci sarà pure un motivo. Il presupposto, il ragionamento che ha portato alla nascita di questo blog è l'idea che l'esistente è tale solo a seguito di conflitti. Di scontri, appunto. Il mondo della pace, della tolleranza, il "migliore dei mondi possibili" non è questo, anzi. Evola disse che viviamo in pieno Kali Yuga: la parte decadente della ciclicità della storia e della civiltà. Tutto ciò che consideravamo progresso, sviluppo, modernità si sta palesando per ciò che realmente è: regresso, perdita di senso e di misura, imbruttimento, decadenza, opportunismo, economicismo, mercificazione. Essere Antimoderni, oggi, è molto più moderno che essere Modernisti: proseguire su questi binari è andare incontro a morte certa, proporre di uscire o, meglio ancora, causare un deragliamento è cosa giusta e leggittima.
Come si fa deragliare il treno delle "magnifiche sorti e progressive"? Fabbricando bombe, sparando sui profeti e i propugnatori del pensiero unico, innalzando il livello dello scontro. Mentre Veltroni e Berlusconi (per rimanere alla sola Italia) fingono di darsi battaglia, migliaia e se non milioni di cittadini sono alla canna del gas. E nessuno ha il coraggio di dire loro: signori, fate deragliare il treno! C'è qualcuno, ad esempio un comico genovese, che propone di scendere da questo treno, di buttarsi giù: io propongo di farlo deragliare. Ripeto, di innalzare il livello dello scontro.
Allo stato delle cose, è inutile lamentarsi. Votare, e poi lamentarsi. Ci sono solo due cose da fare: subire o reagire. Chi vuole subire, faccia pure. Io no.

venerdì 25 aprile 2008

Bella ciao.

Il sindaco di Alghero ha invitato la banda comunale a non suonare, in occasione delle celebrazioni per il 25 aprile, la canzone "Bella ciao". Egli ha motivato la sua decisione dicendo che in un momento di forte divisione nazionale (quello attuale) è più corretto cantare canzoni che uniscono (tipo l'Inno di Mameli) invece di canzoni che dividono (tipo, appunto, Bella Ciao) in quanto espressioni di una parte politica precisa (secondo lui, il comunismo)
Non riesco sinceramente a capire perchè Bella Ciao è una canzone che divide: non mi risulta essere una canzone comunista, bensì una canzone resistenziale, cantata dai partigiani. Per chi non conoscesse la storia della Resistenza italiana (e tra questi c'è, probabilmente, il sindaco di Alghero), i partigiani erano di estrazione comunista, socialista, popolare, di Giustizia e Libertà e addirittura vi furono partigiani monarchici! E Bella Ciao, basta leggere il testo, non fa assolutamente riferimento a Stalin, all'URSS, al comunismo o ai soviet: parla del diritto e della volontà di opporsi all'invasore.
Se qualcuno volesse dire che Bella Ciao divide perchè una parte dell'Italia, seppur minoritaria e fortunatamente sconfitta, non si ritrovava nè si ritrova nei valori espressi in quella canzone, beh... basterebbe dire che allora non dobbiamo festeggiare il 2 giugno (Festa della Repubblica) perchè i monarchici non condividono! Che cazzo di ragionamento è? La Resistenza divide? Ma se un socialista liberale come Bobbio (di certo non un bolscevico) ha definito la Resistenza come la religione civile e laica della nazione italiana?
Quello che più mi dispiace, lo dico amaramente, è pensare a come si stanno rivoltando nella tomba i partigiani: hanno dato la vita per consentire all'Italia di liberarsi dall'oppressione nazifascista e per consentire a stronzi ignoranti (tra cui il sindaco) di dire cazzate di queste dimensioni.
Se la madre degli stolti è sempre gravida, bisogna farla abortire.

mercoledì 23 aprile 2008

La cura dell'Anima

Non si sente più parlare di anima . Questo termine, così di ffuso e pregnante in altre epoche della storia occidentale non è sulla bocca, almeno nei loro di scorsi in pubblico, del Papa, dei cardi nali, dei vescovi e neppure dei preti. Ora, io non credo all'anima , ma il Papa, i cardi nali, i vescovi, i preti ci dovrebbero credere visto che tutta la cosmogonia cristiana si basa sulla fede nella sua esi stenza e che la funzione, di ciamo così, istituzionale della Chiesa e dei suoi sacerdoti è proprio "la cura delle anime". Ma non ne parlano mai. Non ne parlano più .Non si parla nemmeno, sul cotè laico, di spirito, l'antico "pneuma" del pensi ero greco, ma questo non è più comprensi bile dato l'uso sciagurato che ne hanno fatto Hegel, in Italia Gentile (e per la verità anche Croce) per cui ha finito per assumere un si gnificato vagamente fascista.Si parla, in compenso, molto del corpo e del suo benessere. Di "beauty farm", di palestre, di materassi , di plantari e anche di prodotti che aiutano la donna, e immagino anche l'uomo, a riacquistare la sua "normale regolarità" (che l'anima , per una bizzarra combinazione alchemica, abbia cambiato la sua sostanza?). Si parla moltissi mo di cibo e di cibi il cui destino peraltro è inevitabile e non particolarmente glorioso. Si parla molto di chirurgia estetica che deve fare apparire il nostro corpo sempre giovane, bello e levigato e d'una medi cina che deve rendere la nostra vita sempre più longeva e, prima o poi, immortale.Ma si parla soprattutto di denaro, del Di o Quattrino che è l'unico nume unanimemente adorato, riconosciuto e condi viso, in Occidente, e quindi di economia, di finanza, di derivati, di banche, di carte di credi to, di bancomat, di Cin, di Pin, di Iban. In questo nuovo Regno l'uomo ha ancora una parte, ma come sottoprodotto. Non è più propriamente un uomo, ma un "consumatore". È un tramite. È il tubo di gerente, il lavandi no, il water attraverso cui deve passare il più velocemente possi bile ciò che altrettanto rapidamente produce. "Bisogna stimolare i consumi per aumentare la produzione". È il "terminale uomo" del meccanismo. È un target. Un obiettivo. Non è più soggetto, ma un oggetto. Si inventano strategie di marketing sempre più sofisticate, nascono scuole per "personalizzare" i vendi tori, ma se c'è qualcuno che tituba a ridurre la propria esi stenza a quella di rapido defecatore e di Pinocchio nel Paese dei Balocchi si ricorre a metodi più spicci e si reclutano e si schiavizzano schiere di giovani Lucignoli perchè faccia, perbenino e senza protestare, il suo dovere.Come l'uomo sono ridotti i Paesi e le Nazioni. Un Paese è consi derato solo se è un appetibile mercato o è tanto più ganzo quanto più è capace di acquisi re nuove "quote di mercato". Un tempo esi steva l'idea di Nazione, di una comunità con valori condi visi . Adesso la Nazione è stata sostituita dalla Produzione.In occidente si torna a parlare , è vero, e molto di Di o. Ma non mi pare del tutto a sproposi to. Se ne fa un uso parecchio utilitaristico. Il Presi dente degli Stati Uniti conclude ogni suo di scorso con la frase "Di o protegga l'America". E perché non l'Afghanistan? O l'Iraq? L'Iran? O ancor meglio, gli indi geni delle isole Andemane che non hanno mai rotto le scatole a nessuno? Oppure si impetrano da lui e o dalle sue Maestranze favori particolari. Ma perchè mai Di o dovrebbe concederli a questi piuttosto che a quelli? E, curioso che l'epoca del massi mo e trionfante scientismo si a anche quella della massi ma superstizione (Fatima, Lourdes, la Madonna di Czestokowa, quella di Medjugorje, San Gennaro, Padre Pio, eccetera). Ma poi se non esi ste più l'anima che senso mai può conservare Di o?L'immateriale è scomparso dal mondo contemporaneo. È stato sostituito dal virtuale che solo apparentemente gli si apparenta. Perché è una parodi a masturbatoria del reale. E non ha nulla a che vedere con l'Immateriale. Con lo Spirito. Con l'Anima.
Massimo Fini

martedì 22 aprile 2008

Potere Precario

La rinascita della sinistra italiana, ed in particolare della componente comunista, non può esimersi dal considerare sotto una nuova luce le classiche categorie di analisi politica e socio-economica. Innanzitutto, il concetto di classe.
La distinzione marxiana tra borghesi e proletari è molto più innovativa e attuale delle interpretazioni scolastiche succedute al barbuto di Treviri: in particolare, Marx intuì che era in corso nel mondo una progressiva proletarizzazione dei ceti, e quindi stava nascendo una sorta di bipolarismo classista. 160 anni dopo, il governo Prodi ha "scoperto" che non esiste più il ceto medio, e che a fronte di una minoranza sempre più esigua di benestanti c'è una maggioranza sempre più grossa di gente in crisi. Il famoso (e famigerato) ceto medio è scomparso dall'orizzonte. Oggi in Italia, ma un pò in tutto il mondo "occidentale", la società è divisa in due: le minoranze ricche, sempre più ricche (una volta "borghesia", oggi "casta"); una maggioranza povera, o comunque sostanzialmente impoverita (una volta "proletariato", oggi "precariato").
Va spiegato bene il concetto di "precariato": appartengono a questa classe, molto più omogenea di quanto si creda, anche persone del cosiddetto ceto medio, che ormai vivono in condizione di costante precarietà. La Precarietà, dall'essere una condizione lavorativa, è diventata una dimensione esistenziale: non è precario solo chi non ha il contratto di lavoro a tempo indeterminato, ma lo è anche chi non arriva a pagare il mutuo, chi lavora per aziende in odor di delocalizzazione, chi insegna nelle scuole (anche statali), chi ha salari sicuri ma bassi, chi ha pensioni da fame, chi non può regolarizzare la propria unione affettiva fuori dai canoni del matrionio, chi lavora in nero o in grigio...
Il "nuovo proletariato" è precario. La classe operaia è ormai inserita nella più vasta "classe precaria", di cui fanno parte insegnanti, impiegati, ricercatori universitari, ecc...
Chissà se nascerà un nuovo movimento rivoluzionario: magari dalle ceneri del fu Potere Operaio rinascerà un nuovo, pericolosissimo, disperato Potere Precario.

lunedì 21 aprile 2008

La Mano Sinistra

La Mano Sinistra si stringe in pugno, e parte il coro di "Bandiera Rossa". Quante volte abbiamo visto, o vissuto, questa scena? Tantissime. Eppure da oggi, prima volta da quando l'Italia è una Repubblica (democratica fondata sul lavoro, ricordiamolo!), chiunque farà questo gesto sarà un extraparlamentare. "Ma come", diranno i meno giovani, forgiati nel servizio d'ordine dell'antico PCI, "noi con gli extraparlamentari ci abbiamo fatto a botte, e adesso siamo come loro?". Si si, proprio così. Conseguenza del Veltrusconismo. Come ha detto Crozza, durante l'ultimo Ballarò, finalmente si è capito il nome che Veltroni non ha mai voluto pronunciare in campagna elettorale, usando la parafrasi "il principale esponente dello schieramento a noi avverso": Fausto Bertinotti! Veltroni, in sei mesi, è riuscito lì dove la CIA e la P2 hanno fallito negli ultimi 60 anni: distruggere il comunismo italiano.
Certo, va detto che gli stessi dirigenti della Sinistra ci hanno messo del loro: l'idea di rinunciare a nomi e simboli storici; l'invenzione dell'Arcobaleno, che secondo molti era in realtà un Arlecchino; l'incapacità di essere partito di lotta; l'incapacità di essere partito di governo; le svolte socialdemocratiche di Bertinotti e dei suoi fans. Tutte queste "geniali" invenzioni hanno avuto un unico, triste, freddo risultato numerico: 3%, nessun deputato nè senatore.
L'unica rivoluzione di sinistra è quella all'interno della sinistra: addio di Bertinotti; dimissioni di Pecoraro Scanio; dimissioni di Giordano; congresso straordinario per Verdi e Rifondazione. Gli unici a tenere sempre e comunque la barra dritta sono stati i Comunisti Italiani. Va dato atto a Diliberto (e a Rizzo) di essere gli unici coerenti esponenti della sinistra italiana: a loro il progetto Arcobaleno non piaceva, per disciplina "di partito" l'hanno appoggiato, ma dopo la solenne bastonatura hanno giustamente rilanciato l'antico sogno dell'unità dei comunisti in un unico partito, una sorta di Partito Comunista Unitario.
La Mano Sinistra riprenderà l'antico cammino?

sabato 19 aprile 2008

Il crepuscolo della Modernità

Indro Montanelli mi raccontò che Leo longanesi una volta gli aveva detto: "Tu e Ansaldo mi fregherete sempre. Perchè io capisco le cose cinque anni prima che accadono, voi cinque giorni prima". Vasco Rossi, fatte tutte le debite proporzioni, è più vicino al tipo Montanelli -Ansaldo che a Longanesi. È un istintivo, ha fiuto, sente cosa c'è nell'aria e sta per arrivare e lo capta un po' prima degli altri. Per questo trovo molto interessante il suo ultimo disco, appena uscito, "Il mondo che vorrei". Ricordate l'autore che cantava "vado al massimo"? Bene, adesso lo stesso uomo, certo un po' invecchiato, dice: "Non si può fare sempre quello che si vuole/non si può spingere solo l'acceleratore/guarda un po': ci si deve accontentare". E se ci è arrivato lui fra poco ci arriveranno anche gli altri a capire che noi non abbiamo bisogno di più velocità, di più Tav, di più Expo, di più Pil, di più produttività, di più consumo, di più crescita, di maggiore modernizzazione ma, al contrario, di rallentare, di frenare, di fare qualche passo indietro. Abbiamo bisogno di ritornare a una vita più semplice e più umana. "Ci si deve accontentare di ciò che si ha" canta Vasco. È stato Ludwig von Mi ses, uno dei più estremi ma anche dei più coerenti teorici dell'industrial-capitalismo a sintetizzarne l'essenza e a individuarne la molla con l'affermare, capovolgendo venti secoli di pensiero occidentale ed orientale, che "non è bene accontentarsi di ciò che si ha". E così fondando la necessità dell'infelicità umana. Poiché ciò che non si ha non ha limi ti, l'uomo moderno non può mai raggiungere un momento di armonia, di equilibrio, di soddisfazione: conseguito un obiettivo deve immediatamente puntarne un altro, salito un gradino farne un altro e poi un altro ancora e così all'infinito, a ciò costretto dall'ineludibile meccanismo che lo sovrasta. Ineludibile perchè si regge su questa ossessiva corsa in avanti alle cui esigenze piega, lo vogliano o no, anche i singoli individui. Siamo come i cani levrieri (fra le bestie, sia detto di passata, più stupide del Creato) che al cinodromo inseguono la lepre meccanica coperta di stoffa che, per definizione, non possono raggiungere. Perché serve solo per farli correre. E il futuro orgiastico, che le leads mondiali agitano continuamente davanti ai nostri occhi come una sempre nuova Terra Promessa, arretra costantemente davanti ai nostri occhi come l'orizzonte davanti a chi si incammi ni avendo la pretesa di raggiungerlo.Questa è la condizione dell'uomo contemporaneo. Ed è da questa frustazione che nasce il mal di vivere, il disagio esistenziale acutissimo che si diffonde sempre più fra gli abitanti anche, anzi soprattutto, dei Paesi benestanti o ricchi o ricchissimi , provocando ansia, angosce, nevrosi, depressioni, dipendenza da sostanze chimi che e picchi di suicidi sconosciuti al mondo pre Rivoluzione industriale (decuplicati, in Europa, dal 1650 ad oggi).Ma il paradosso finale di questo modello di sviluppo che ha puntato tutto sull'economi a, subordinando ad essa ogni altra esigenza dell'essere umano, è che ha completamente fallito anche in quest'ambito. Da quando la Rivoluzione industriale si è messa in marcia la povertà nel mondo non ha fatto che aumentare, interi continenti ne sono stati distrutti, come l'Africa nera (che nessun "aiuto", peloso o meno, potrà salvare, ma, al contrario, contribuirà ad inguaiare ulteriormente strangolandola col cappio inesorabile della globalizzazione), e adesso la fame, la dura fame, comi ncia a lambire anche noi se è vero che si vedono già in giro persone, per ora vecchi, costrette a rubare nei supermercati perché nel mondo del Denaro chi non ne ha è perduto, né può trovare sostegno in un tessuto sociale che è stato distrutto.Ma io credo che la crisi economi ca ci sarà d'aiuto. Perchè ci costringerà a pensare al di là dell'economi co. A riflettere se aver abbattuto l'antico principio "è bene accontentarsi di ciò che si ha" non si sia risolto in una follia autodistruttiva. E chissà se Vasco Rossi, con le parole semplici delle canzoni, non finirà per essere più convincente dei tanti intellettuali che, derisi e vilipesi, da decenni denunciano e annunciano il crepuscolo della Modernità.
Massimo Fini - tratto da www.massimofini.it

mercoledì 16 aprile 2008

Analisi del voto

Elezioni politiche 2008: terremoto o scossa di assestamento? Tutti gli addetti ai lavori, che poi non sono addetti a niente, continuano a ritenere "rivoluzionario" il voto espresso dagli italiani il 13 - 14 aprile. Io, di rivoluzionario, non ci vedo assolutamente nulla. Forse perchè al termine "rivoluzione" associo un cambiamento strutturale, sostanziale, dell'agire socio-economico e politico (e poi, culturale). Cosa è cambiato in Italia, invece? Nulla, assolutamente nulla. Dopo due anni di pausa, Berlusconi è tornato al potere. Ha un alleato in meno (Casini), che però per sua natura scende facilmente a compromessi; ha un alleato forte (la Lega), che dopo l'exploit di voti influenzerà le politiche del governo; ha un avversario morbido (il PD) che ha aumentato dell'1% i voti del vecchio Uniti nell'Ulivo (DS + Margherita) e che continua sempre a dire che bisogna mettersi d'accordo, che le regole vanno scritte insieme, che la Costituzione va modificata, che su molti punti le ricette tra PDL e PD sono le stesse.
Un cambio alla guida, insomma: ma la strada da percorrere è sempre la stessa. La strada della "modernità", del "know how", della "globalizzazione", della "concorrenza". E chi non vuole questa strada? E' fuori dal Parlamento.
Mi riferisco in primis alla Sinistra Arcobaleno, stomachevole invenzione di quel socialdemocratico di Bertinotti: niente falce e martello, niente bandiere rosse, cancellazione della parola "comunismo", alleanza con l'ambientalismo sciatto e cogli epurati del pd. Risultato? 3% e nessuna rappresentanza parlamentare.
Il progetto Sinistra Arcobaleno è stato bocciato da tutti: dagli elettori, che hanno preferito il voto utile; dai militanti, che hanno in massa puntato sull'astensione e sui voti alle liste minori; dagli stessi esponenti della sinistra (Diliberto e Rizzo) che si sono autoesclusi dalle liste elettorali, e non ne hanno voluto sapere di aderire ad un progetto politico unitario che presupponeva l'abbandono dei simboli e delle tematiche del comunismo.
Mi viene in mente, parafrasando Tomasi di Lampedusa, che "tutto deve cambiare, se tutto deve rimanere così come è": in Italia c'è stata la "rivoluzione", ma non è cambiato nulla.

lunedì 14 aprile 2008

Esempio di inciviltà moderna

Qui non c'entrano le cinque lauree, il premio Nobel per la medicina, le mille pubblicazioni e nemmeno il laticlavio a vita. Forse è semplicemente un fatto di educazione, quando da bambino ti insegnano a cedere il posto a chi è più anziano. Se poi l'anziano ha quasi 99 anni (tra 9 giorni) e non ci vede nemmeno bene, il fatto che si chiami Rita Levi Montalcini diventa evidentemente secondario. Eppure tutto ciò non è bastato a evitare alla senatrice a vita di dover attendere in piedi mezz'ora prima votare, per colpa della maleducazione di quattro elettori che si sono rifiutati di farla passare avanti. La scena si è svolta ieri poco prima di mezzogiorno a via Reggio Calabria, al seggio istituito presso la scuola "Falcone e Borsellino", vicino a piazza Bologna, quartiere medio-borghese della Capitale. La Montalcini si è presentata a braccetto di un accompagnatore il quale, vista la lunga fila, ha chiesto alle persone in coda la cortesia di far votare prima la signora. Senza presentare credenziali, solo un gesto di educazione verso un'anziana ipovedente. La risposta poteva essere scontata e invece no. "Faccia la fila come gli altri", ha risposto un cinquantenne. E così un'altra signora: "Non esiste, anch'io ho fretta di votare". E poi un altro e un'altra ancora: "Non vedo proprio il motivo". Allertato dagli scrutatori, a quel punto è intervenuto il presidente di seggio: "Senatrice, se vuole la facciamo passare avanti". Una gentilezza quasi scontata, che si concede normalmente alle donne in gravidanza, ai disabili, agli anziani. A quel punto però è stato il carattere della Montalcini a prendere il sopravvento: "Grazie presidente, preferisco restare in fila come gli altri. Pazienza". Una scrutatrice le ha quindi offerto una seggiola: "Almeno si sieda, prego". Ma la senatrice ha rifiutato anche quella: "No, grazie davvero. Preferisco restare in piedi".


La rivincita contro quei pochi maleducati Montalcini se l'è presa poco dopo, al momento di uscire dal seggio. Tutti i ragazzi della sezione elettorale le si sono fatti intorno, davanti agli elettori ancora in fila, per chiederle l'autografo. "Vada avanti così". "Coraggio". L'episodio, in sé banale, potrebbe testimoniare al massimo dell'inciviltà dei tempi in cui viviamo, che ognuno può sperimentare salendo su un autobus o facendo una fila a uno sportello. Se non fosse che Rita Levi Montalcini è stato il bersaglio in questi due anni di una violenta campagna di discredito portata avanti con insistenza da alcuni esponenti politici del centrodestra e da alcuni quotidiani d'area. I ragazzi della Destra si distinsero in ferocia: "Diamole un incarico al Ghetto", "di profilo è pure più odiosa", erano le cose che si potevano leggere sul loro blog. Fino alla proposta di consegnarle un paio di stampelle, "tanto l'indirizzo lo conosciamo, vogliamo dargliele personalmente". Diceva il loro capo, Fabio Sabbatani Schiuma: "Loro, i senatori a vita, sono le stampelle di questo governo sì o no? E poi se son vecchi se ne stessero a casa". La Lega del resto non fu da meno, fino ad arrivare alla proposta di eliminare gli stanziamenti per la fondazione scientifica della senatrice. Non ci si stupisca se poi qualcuno non dà la precedenza a una signora centenaria, è già tanto che non le abbiano fatto lo sgambetto.

domenica 13 aprile 2008

Come tutti i miei fratelli.

Alla fine, i pecoroni italiani stanno andando a votare. Dopo essersi lamentati per mesi, dopo aver riempito le piazze di Beppe Grillo, dopo aver pronunciato milioni di "io non voto", alla fine gli italiani stanno andando alle urne. Il calo di affluenza rispetto alle politiche del 2006 è solo dell'1%: faccio notare che nel 2006 si superò l'80 % di elettori!
Ciò significa che, molto probabilmente, il 75% degli italiani si recherà ai seggi a legittimare questo sistema. Che schifo!
Artemisia, una ignota miliziana conosciuta nel web, mi ha postato un commento: lei si è recata al seggio, ha fatto un casino, ma alla fine ha ottenuto che venisse registrato il suo NON VOTO. Non si è astenuta, sia chiaro: non ha votato! Geniale Artemisia.
Gli altri? Ve lo dico io: andranno a votare quasi tutti, chi per interesse, chi per abitudine, chi per speranza, chi (il peggiore di tutti) per convinzione.
Alla fine, forse, anche io andrò a votare. Perchè sono italiano, e faccio schifo come tutti i miei fratelli.

sabato 12 aprile 2008

5 mila suicidi all'anno tra i marines

L'Iraq sfuma dagli schermi. Ma non è così: nel Golfo c'è ancora la guerra che provoca 53 morti al giorno. E poi c'è un'altra guerra, una guerra oscurata dai media, una guerra di solitudine, una guerra che combattono al buio e in silenzio tutti i soldati americani reduci dall'Iraq. Mentre la guerra in Iraq è ormai più un'eco dilatato e attutito che una notizia vera e propria, i drammi psicologici dei sopravvissuti che tornano dalle famiglie sono cancellati. Non esistono. A novembre 2007 è uscita una ricerca del network americano Cbs apparsa anche sul Times Online . Riguarda i suicidi dei militari tornati dall'Iraq e dall'Afghanistan. La Cbs ha stimato, a seguito di una ricerca durata 5 mesi e condotta sulle singole famiglie vista la reticenza delle vie ufficiali, che il numero di morti suicidi nel solo anno 2005 è 6256. I caduti americani sul campo dall'inizio della guerra irachena sono 4mila. I morti suicidi tra i soldati reduci da Iraq e Afghanistan sono 6256 nel 2005. Un dato che confonde. Un dato che d'impatto può far pensare ad un errore grossolano compiuto dall'autorevole Cbs , ma il numero 6256 risulta più realistico rapportato ad altri numeri. L'Istat conta in Italia 4mila suicidi all'anno. L'Unione Europea ha denunciato 58mila suicidi nel 2005 in Europa. Alla luce di questi dati la ricerca della Cbs si mostra più fondata. «Tornato a casa i suoi occhi erano già morti, non avevano più luce» a parlare è la mamma di Tim Bowman, un soldato di 23 anni che si è sparato otto mesi dopo il ritorno, nel giorno del Ringraziamento. La guerra dei numeri è sempre la solita commedia seccante per sostenere il proprio pensiero, ma qui risulta indispensabile. Il tasso di suicidi in America è già elevato, 9-10 individui per 100mila abitanti scelgono la morte volontaria. Tra i reduci di guerra il numero raddoppia a 18,9 per 100mila abitanti, e cresce ancora fra i reduci di giovane età tra i 20 e i 24 anni, toccando i 22,9 su 100mila campioni. 6256 suicidi nel 2005 significa 120 morti a settimana, 17 al giorno, un suicida ogni 75 minuti. Il 60% di questi uomini suicidi sono usciti poco fa dal liceo, cominciano adesso ad assaporare il mondo, hanno tra i 19 e i 24 anni, e decidono di togliersi la vita. Come successe per la censura che il Pentagono impose sulla distribuzione delle immagini delle bare americane che rimpatriavano dall'Iraq, censura svelata nel 2004 con scandalo degli americani, così i dati Cbs passano sotto silenzio per evitare "l'effetto-Vietnam", ossia il crescente sdegno della popolazione per la guerra. Poi ci sono i reduci che scelgono di vivere. Dall'inizio della guerra in Afghanistan e Iraq sono stati impiegati circa di 1milione e 600mila uomini. Secondo il "National Center for Post Traumatic Stress Disorder", l'organismo che si occupa di soggetti che hanno vissuto un trauma violento, l'insorgere della patologia chiamata Post Traumatic Stress Disorder (PTSD) «è normale in tutti coloro che sono stati impiegati in zone di guerra». La patologia PTSD prevede l'insorgere di diversi sintomi psicologici e fisici per quelli che hanno subito un trauma particolarmente violento. Uno stupro, un rapimento o nel 60% dei casi complessivi un vissuto di guerra. A tre mesi dall'evento scatenante insorgono i primi sintomi. Spesso passano anni di relativa serenità prima che si verifichi la crisi. «Ho iniziato ad avere dei flashback. Come un tuffo in acqua, all'improvviso rivivevo l'evento. Era terribile, non mi trovavo più dov'ero, si era creata una bolla galleggiante in cui vivevo ininterrottamente quei momenti. Ogni volta avevo paura di morire di nuovo». Chi parla è un ufficiale tornato dall'Iraq che accusa uno dei disturbi principali associato al PTSD: rivivere i traumi come se stessero accadendo di nuovo. Attraverso immagini, suoni, odori e sentimenti attivati da avvenimenti quotidiani quali lo sbattere di una porta o un clacson nel traffico, il soggetto perde i contatti con la realtà e rivive davvero i momenti drammatici. Il sonno è, attraverso i sogni, il modo più usuale di rivivere gli eventi vissuti. Allora molti soggetti colpiti da PTSD soffrono di insonnia cronica, di eccitazione, di iper reattività, di condizione di vigilanza costante, hanno il terrore di addormentarsi e vivere nuovamente le loro tragedie. La condizione di insensibilità è un sintomo proprio del PTSD. Migliaia sono le testimonianze delle mogli e degli amici di reduci che tornati dalla guerra perdono la capacità di emozionarsi. L'insensibilità si manifesta sul piano affettivo e sentimentale, e sul piano sessuale. Lentamente irretisce tutti i settori della vita: nel campo professionale chi ne è colpito tende ad allontanarsi dalla sfera lavorativa fino al licenziamento. Nella sfera sociale alla stessa maniera si tende a ridurre le relazioni di amicizia fino alla solitudine. L'incapacità di emozionarsi si trasforma in uno schermo attraverso cui le sensazioni giungono al soggetto ovattate e smorzate. Questa chiusura emotiva è spesso determinata dalla paura di rivivere gli eventi traumatici attraverso stimoli quotidiani, per ciò il soggetto erige un muro che frena tutte le emozioni senza distinzione. «La capacità di non percepire il calore della gente», spiega un ufficiale parlando dei suoi sintomi. Irascibilità improvvisa e ingiustificata, anche contro persone amate. I casi di violenza domestica tra i veterani sono il doppio rispetto al resto della popolazione. «Mi sento continuamente in colpa per essere rimasto in vita», afferma un caporale che è tornato da Kabul. Queste patologie assieme a tante altre proprie di gravi forme di depressione, affrontano i soggetti affetti da PTSD. «I traumi con cui i reduci vivono aumenta chiaramente le possibilità che essi facciano uso di droghe, di alcool e di sostanze che stordiscono la percezione. Sono frequenti i divorzi a pochi mesi dal ritorno in patria» spiega il "National Center for PTSD". Un'indagine recente condotta sugli homeless (senzatetto) arriva ad una conclusione significativa: uno su quattro è reduce di guerra. Secondo la "National Alliance to End Homelessness", la federazione che si occupa di chi non ha casa, nel 2005 sono stati ospitati 194mila veterani nei dormitori, tutti soldati appena tornati dal fronte che prima di partire possedevano una famiglia e un appartamento. Trascorsero dieci anni prima che i soldati rimpatriati dal Vietnam "rovinassero" le loro vite in alcool, droghe e divorzi, e si affacciassero nelle mense e nei dormitori. Oggi il processo si è velocizzato. Pochi mesi dopo aver dismesso la mimetica, soprattutto giovani ventenni diventano vagabondi. E lo Stato cosa fa? Pochi giorni fa Dana Priest e Anne Hull del Washington Post hanno ricevuto il Pulitzer 2008 per l'inchiesta sociale condotta sul "Walter Reed Hospital" di Washington, denunciando uno stato di sporcizia e trascuratezza, e un grado di inefficienza e incapacità assolute. Il "Walter Reed" è il principale centro di cura psichica e fisica dei reduci di Iraq e Afghanistan. Nell'anno corrente il Dipartimento dei Veterani prevede che i suicidi saranno 5mila. La Seconda Guerra Irachena miete vittime da anni. Ma è un conflitto senza proiettili luminosi e bombe dal cielo, senza bombardieri e kalashnikov, senza palazzi che crollano e senza morti spettacolari, senza niente da vedere. E quindi senza televisione. E' la guerra di dolore sordo che deve combattere ogni soldato che torna a casa vivo.

venerdì 11 aprile 2008

Riflessione preelettorale.

Domani giornata di riflessione. Basta con gli spot elettorali, gli attacchinaggi selvaggi, i comizi pubblici o televisivi. Domani si chiude. Pertanto, una mia breve riflessione:
Il PDL è nettamente favorito. Vincerà alla Camera, ma soffrirà al Senato, specie se Udc e Sa dovessero conquistare qualche seggio senatoriale. Cosa farà il PdL? Esattamente quello che ha promesso. Che mi fa schifo, parecchio. Però almeno Berlusconi ce lo dice che ci manda allo sfacelo, quindi chi lo vota sa a cosa va incontro.
Del PD non si può dire certo lo stesso! Veltroni che farà? Una opposizione morbida, con qualche inciucio su alcuni temi tipo riforma della costituzione ed altro. Proverà a distruggere la Sinistra e ad americanizzare il sistema politico italiano. Se mai dovesse vincere (cosa a cui non credo), Veltroni si ritroverebbe a non sapere cosa fare e dove andare. Verso gli operai? No, c'è Confindustria nelle sue liste. Rilancio laico? No, c'è la Binetti che rompe i coglioni. Che se fa? Boh... but we can!
La SA è a un bivio. Diventare partito unico di una indefinibile "sinistra", abiurando definitivamente col comunismo, oppure rimanere una semplice confederazione elettorale. Nel secondo caso, che io auspico, riprenderebbe slancio l'idea di una costituente comunista.
L'UDC è pronto a fare l'opposizione di centro. Cioè? A votare tutto quello che va bene a loro senza prendersi nessuna responsabilità. Esattamente come piace al Vaticano oggi, in attesa di tempi migliori.
La DESTRA ha fatto una campagna elettorale stomachevole. La Santanchè mi ha letteralmente disgustato. Oggi fa la fascista quando ieri stava con Berlusconi e Briatore (in posizione prona, supina o orizzontale?), credeva in un solo Dior, obbediva ma non combatteva...
PCL, Sin.Crit. e la galassia dei piccoli partiti ha davvero poche chance. In particolare, i tre partitini comunisti sono davvero troppo... l'unica possibilità è nelle mani di Ferrando e del PCL, che potrebbe sfiorare l'1%.
Che dire? Sono senza parole...

giovedì 10 aprile 2008

Gli studenti, i politici e la buona educazione

"Tutti in piedi quando entra il professore. E' un segno di rispetto e di buona educazione" ha dichiarato Berlusconi alla videochat del Corriere. Certo che il Cavaliere ha davvero una bella faccia tosta ed è forse per questo che piace tanto a molti italiani. Chi in una riunione in Spagna di tutti i premier europei è stato pescato a fare le corna dietro la testa di un collega come uno scola retto discolo nella foto di gruppo dell'ultimo giorno di scuola ? Solo che se una birichinata del genere la fa un ragazzino, a scuola , in un giorno che è ormai di vacanza e siamo vicini al 'rompete le righe', è una cosa, se lo fa in un consesso internazionale un presidente del Consigli o, che rappresenta il suo Paese, è un'altra. L'altra sera l'onorevole Fini la mentava, naturalmente in Tv (che è la principale responsabile dello sfacelo culturale del nostro Paese) che il 90% degli studenti non sa dove sia Matera. Ma chi, parlando dei mitici fondatori di Roma, li ha chiamati Romolo e Remolo? Una cosa che nella pur sgangherata scuola italiana, usata dalla nostra cla sse politica come area di parcheggio per precari, costerebbe a un alunno di quinta elementare un giro dietro la lavagna con un cappello con la scritta 'asino'?Che lezioni di buona educazione e di buon gusto possono venire da un signore che al premier norvegese Rasmussen, in visita ufficiale, fa una battuta trucida sulla propria mogli e o che in quelle festicciole che la Tv organizza per autocelebrarsi fa il cicisbeo con vallette e vallettine fra le quali ci sono quelle piazzate in qualche fiction per il piacer suo o dei suoi amici?Che credibilità può avere un signore che anche i suoi amici descrivono come bugiardo patologico ("un simpatico bugiardello", Tiziana Maiolo; "un adorabile bugiardo", Casini) e che, soprattutto, la Corte d'Appello di Venezia, nel maggio del 1990, quando nessun 'accanimento giudiziario' era ipotizzabile, ha dichiarato 'testimone spergiuro' (cioè ha giurato il falso in Tribunale) e che è poi stato salvato da un'amnistia voluta dai comunisti per non essere processati per i finanziamenti avuti dall'Urss?Che rispetto per le Istituzioni e per il proprio Paese ci può insegnare un presidente del Consigli o che in terra di Spagna, davanti a tutta la stampa internazionale' ha definito 'Mani Pulite', cioè inchieste e sentenze, anche definitive, della magistratura italiana "una guerra civile" e che ha delegittimato, di volta in volta, oltre la magistratura ordinaria, la Corte Costituzionale, la Corte dei Conti, il Presidente della Repubblica? Che senso della legalità, che 'tolleranza zero' può pretendere un signore che ha avuto decine di processi, che ne ha in corso uno per 'corruzione di testimone', che da quattro è uscito non per non aver commesso il fatto ma perchè la prescrizione ha estinto il reato e che nei casi in cui non poteva proprio scapolarla ha abolito, per legge, il reato di cui era imputato come il falso in bilancio che negli Stati Uniti può costare 30 anni di reclusione?Che coerenza dobbiamo attribuire a un signore che afferma che lui non attacca mai personalmente, dio guardi, gli avversari politici e poi definisce ripetutamente Antonio Di Pietro "un uomo che mi fa orrore"? E gli fa orrore per lo stesso motivo per cui lo fa a buona parte della classe dirigente , di destra e di sinistra: perchè, insieme al pool dei magistrati di Milano, osò richiamare per la prima volta anche la classe dirigente a quel rispetto della legge cui tutti noialtri cittadini siamo tenuti senza se e senza ma.Il lettore dirà che sono un comunista. Io sono sempre stato anticomunista, quando i comunisti esistevano e molti di quelli che oggi se la dan da anticomunisti erano iscritti al Pci o militavano nella sinistra extraparla mentare e mi aspettavano sotto casa per darmi una lezioncina a colpi di spranga. Sono semplicemente un cittadino italiano che, passati i 60, è stufo di essere preso in giro da questa gente. Non sono gli studenti che devono alzarsi quando entra il professore, sono i nostri uomini politici che dovrebbero mettersi in ginocchio davanti al popolo italiano per averlo ridotto come l'han ridotto, in campo economico, previdenziale, sociale, morale e per avergli tolto ogni senso di onestà, di lealtà, di correttezza e persino quella buona educazione che oggi si invoca dai ragazzi.
MASSIMO FINI - tratto da www.massimofini.it

lunedì 7 aprile 2008

Li chiamarono Briganti

Il romantico amore per le cose antiche, per la Sparta tradizionale e austera che alberga dentro ognuno di noi, unito all'attaccamento alla mia piccola patria, quel Sud tante volte offeso e violentato dai leghisti o - peggio ancora - dai politici meridionali, mi ha portato a scrivere questo post.

Un post che vuole segnare l'inizio di una incostante commemorazione degli ultimi spartani d'Italia: i briganti. Come Che Guevara, Zapata e Villa, come Sandino e i partigiani italiani, come i giacobini francesi: se avessero vinto, li avrebbero chiamati EROI; ma persero, e li chiamarono BRIGANTI. Gente semplice, legata alle proprie tradizioni, ma combattiva: per sconfiggerli, l'esercito sabaudo dovette inviare 120 mila uomini nel sud italia.

Il canto dei Briganti, che posto subito sotto questa mia breve introduzione, è stato tradotto da me e spero vi dia i brividi che ha dato a me:


Ammu pusato chitarra e tammure Abbiamo posato chitarra e tamburi
pecchè sta musica s'adda cagnà perchè questa musica si deve cambiar
simmo briganti e facimmo paure siamo briganti e facciamo paura
e cu' a' scuppetta vulimmo cantà e col fucile vogliamo cantar


E mo' cantammo 'na nova canzona E adesso cantiamo una nuova canzone
tutta la gente se l'adda 'mpara tutta la gente la deve imparar
nuje cumbattimmo p' 'o rre Burbone noi combattiamo per il re Borbone
e 'a terra nostra nun s'adda tuccà e la terra nostra non si deve toccar


Chi ha visto 'o lupo s'è miso paure Chi a visto il lupo si è messo paura
nun sape buono qual è 'a verità non sa bene qual è la verità
'o vero lupo ca magna e criature il vero lupo che mangia i bambini
o è 'o piemuntese c'avimma caccià o è il piemontese che dobbiam cacciar


Tutte 'e paise d' 'a Basilicata tutti i paesi della Basilicata
se so' scetate e vonno luttà si sono svegliati e vogliono lottar
pure 'a Calabria s'è arrevotata pure la Calbria si è rivoltata
e stu nemico facimmo tremmà e questo nemico facciamo tremar


Femmene belle ca date lu core Femmine belle che date il cuore
si lu brigante vulite aiutà se il brigante colete aiutar
nun lo cercate, scurdateve 'o nomme non lo cercate, scordatevi il nome
chi ce fa guerra nun tene pietà chi ci fa guerra non tiene pietà


Ommo se nasce, brigante se more Uomo si nasce, Brigante si muore
e fino all'urdemo avimm 'a sparà e fino all'ultimo dobbiamo sparar
ma si murimmo menate nu sciore ma se moriamo buttate un fiore
e 'na preghiera pe sta libertà. e una preghiera per questa libertà

sabato 5 aprile 2008

A.C.A.B.

La sigla A.C.A.B. significa All Cops Are Bastards. Era il titolo di una canzone punk inglese, ma è soprattutto una scritta presente sui muri di moltissime città e in parecchi striscioni allo stadio. La traduzione è semplice: tutti gli sbirri sono bastardi. E' chiaro che il rischio di generalizzare è sempre dietro l'angolo, ma navigando nel web ho trovato questa interessante lettera che Beppe Grillo ha inviato al capo della polizia, dott. Manganelli (nomen omen...):
"Gentile dottor Antonio Manganelli,
il termine con cui mi rivolgo a lei, gentile, non è casuale, è come vorrei che fosse la Polizia di Stato: gentile verso il popolo italiano che deve proteggere. Vede, ho una strana sensazione, che la Polizia di Stato stia assumendo agli occhi dell’opinione pubblica un ruolo che, sono sicuro, non vuole avere e non deve avere. Quello di protettrice degli interessi dei partiti, delle loro malefatte, dei loro numerosi pregiudicati e prescritti.Questa sensazione la leggo negli occhi delle ragazzine prese a manganellate a Bologna durante la manifestazione di dissenso nei confronti di Giuliano Ferrara. La loro unica colpa è stata di avere contestato con un lancio di pomodori un signore che vuole cancellare un referendum e che dal suo comodo studio televisivo sponsorizza ogni guerra, purché americana. Quando è possibile per i nostri ragazzi dissentire, anche urlando, se non in piazza? L’informazione che ricevono ogni giorno dai giornali e dalle televisioni è pilotata, strumento dei gruppi di potere per mantenere il potere. Questo i giovani lo sanno. Per loro però ci sono, troppo spesso, le cariche, i pestaggi. E, invece, per i politici e i loro giornalisti stipendiati, la protezione dei suoi uomini, la scorta e le macchine blu. In Piazza Maggiore c’erano famiglie con bambini piccoli, non pericolosi terroristi.Questa sensazione l’ho letta negli occhi dei vecchi picchiati dalla Polizia a Savignano Irpino. Pensionati straniti, confusi, increduli, di certo mai colpiti prima da ragazzi in divisa. Quei vecchi protestavano per la distruzione della loro terra, che è anche la sua, dottor Manganelli. Non capivano perché Bassolino, corresponsabile dello scempio, fosse ancora Governatore della Campania, come del resto non lo capisce, né lo accetta, nessun italiano. Non capivano le botte, le manganellate, il sangue.Questa sensazione l’ho vista negli occhi, quando li ho incontrati, del padre e della madre di Federico Aldrovandi, un ragazzino picchiato a morte da una pattuglia stradale. L’ho sentita nelle dichiarazioni delle persone torturate a Bolzaneto e nella “macelleria messicana” della scuola Diaz.Lei potrà obiettare che si tratta di episodi, di poche mele marce e, con tutta probabilità, ha ragione. Nel calendario dei Santi Laici, l’elenco dei caduti per un’Italia onesta che pubblico ogni anno sul blog, la Polizia di Stato è al primo posto. Centinaia di poliziotti si sono fatti uccidere per affermare la giustizia in Italia.Lo scorso otto settembre ero a Bologna per il V Day. In piazza Maggiore e nelle vie laterali c’erano 150.000 persone. Nessun casco, nessuno scudo, nessun uomo in divisa di fronte al palco. Nessun incidente né prima, né dopo, né durante una manifestazione durata dieci ore. C’era però molta rabbia nei confronti di una classe politica senza pudore, verso i condannati in via definitiva che siedono in Parlamento. Gli stessi che i suoi uomini in passato hanno arrestato. E verso i prescritti che, grazie alle leggi ad personam, i suoi uomini, purtroppo, non hanno potuto arrestare. In gran parte i medesimi, condannati e prescritti, che dopo le elezioni saranno ancora senatori e deputati.Lei lo sa, si sono già auto eletti grazie all’eliminazione del voto di preferenza. Per merito della cancellazione di una legge elettorale votata dalla maggioranza degli italiani. Gli elettori, se potessero scegliere, non li voterebbero mai.La politica non può trasformarsi in un problema di ordine pubblico. La Polizia di Stato non deve diventare il braccio armato di chi ha distrutto il Paese per evitare il confronto con i cittadini. Non se lo merita la Polizia e neppure gli italiani. Spero in una sua risposta che pubblicherò sul blog. I miei saluti.”
Beppe Grillo - tratto da www.beppegrillo.it

venerdì 4 aprile 2008

D.O.C.

Mi sono preso quattro giorni di pausa. Ne avevo bisogno, per riordinare le mie idee. Questa campagna elettorale mi sta logorando il cervello: è incredibile assistere quotidianamente allo stillicidio di stronzate che i candidati premier ci propinano! Considerando solo i due principali avversari, Berlusconi e Veltroni, i conati di vomito mi assalgono costantemente. Dopo quattro giorni sono tornato qui, a straparlare e a sfogarmi: perchè uno ha bisogno di parlare, specie in un mondo di sordi.
Dopo la mozzarella campana, accusata di relazioni incestuose con la diossina, ora tocca al vino. Anche a quello doc, denominazione di origine controllata, ma controllata da chi? Da quelli che danno patenti doc in cambio di qualche bustarella? Di multinazionali del vino transgenico? La UE chiede lumi all'Italia (figuriamoci) su una ventina di aziende che avrebbero inserito sostanze chimiche nella produzione di vini italiani di alto livello. Ovviamente, il governo italiano ha rilasciato la seguente, illuminante, chiarificatrice dichiarazione: NO COMMENT!
Benissimo. Quindi noi abbiamo la fortuna di vivere in un paese (l'Italia) considerato da tutti una sorta di paradiso in terra, un paese bellissimo che dovrebbe vivere quasi di solo turismo, una terra bagnata per tre quarti dal mare e con delle montagne fantastiche, con dei prodotti unici per gusto e valori nutrizionali, ... noi abbiamo la fortuna di vivere in questo Paese, e i nostri governanti non sono capaci di mettere a frutto tali ingenti ricchezze. Anzi, si fanno riprendere anche dai governanti di popoli che fine a qualche secolo fa mangiavano ancora con le mani mentre Roma dominava il mondo.
Mi vergogno di essere italiano.