lunedì 25 febbraio 2008

Fuori dai giochi.

Lo Speciale Elezioni Politiche 2008, andato in onda nella seconda serata di ieri su Raiuno, ha visto confrontarsi Fausto Bertinotti, candidato premier de La Sinistra - l'Arcobaleno, e Pierferdinando Casini, leader dell'UDC. I due esponenti politici, reciprocamente rispettosi, hanno dato vita ad un dibattito pacato, di basso profilo e a bassa voce. Un dibattito certamente chiaro, ma a tratti noioso.
Chi come il sottoscritto ha avuto la sventura di assistervi, causa impossibilità di trovar qualcosa di decente e di guardabile nella seconda serata domenicale, non ha potuto fare a meno di notare due leader in crisi, perdenti nello sguardo più che nelle proposte politiche, che pure sono interessanti e talvolta - tremo di me e per me - condivisibili.
Casini si è presentato come l'uomo di tutti i moderati: cattolici e laici, imprenditori e lavoratori, giovani e anziani. Poche le parole d'ordine: coerenza, verità, onestà, realismo. Tutte cose che, secondo il piacente leader centrista, latitano sia nella campagna elettorale di Berlusconi (accusato, con 14 anni di ritardo, di far politica per se stesso e non per l'Italia), sia in quella di Veltroni, scopiazzatore di fantasmagorici ed irrealizzabili programmi.
Bertinotti, viceversa, si è presentato come l'uomo di parte: tra impresa e lavoro, egli sceglie il lavoro; tra cattolici e laici, propende per i secondi; non vuole piacere a tutti, ma solo a coloro che si definiscono "di sinistra". Sulla vaghezza di tale definizione lascio giudicare al lettore.
L'impressione che ho avuto, nell'ascoltare Casini e Bertinotti, è stata quella di assistere al triste e decadente spettacolo di due ex attori protagonisti ridotti al ruolo di comparse. Purtroppo per loro - e per noi! - i protagonisti dell'attuale stagione politica sono Berlusconi e Veltroni, che hanno fatto il vuoto dietro ed intorno a loro. Il tentativo di polarizzare l'elettorato italiano intorno ai due grandi partiti (Ppl e Pd), favorito anche dalle lacune disastrose della stampa nazionale e dei pennivendoli di regime, sta certamente riuscendo. Il minacciato "voto utile" sta spingendo gli italiani a scegliere tra due grandi partiti, tra loro pericolosamente simili nel merito e nei metodi.
Bertinotti e Casini hanno provato a presentarsi come "novità": il primo, da riformista di sinistra quale è, ha posto il problema della democrazia non plebiscitaria e si è candidato a leader dell'opposizione sociale e "di sinistra" a qualsiasi governo uscisse vincitore dalle urne; il secondo, democristiano di destra, ha fatto capire che non necessariamente essere centristi significa essere governisti, ma si può essere centristi e stare all'opposizione.
In pratica, ambedue i leaders hanno ammesso l'impossibilità di vincere, e hanno chiesto il voto solo per rompere le uova nel paniere "veltrusconista". Il dibattito, moderato da un Riotta iperamericanizzato, ha sancito una volta per tutte - per quei pochi che ancora ci credevano, poveri illusi - la crisi profonda della politica italiana, tanto nelle sue componenti più moderate quanto nelle formazioni più radicali. Una crisi che investe valori di riferimento, prospettive future, soluzioni ai problemi del presente.
Alla politica italiana manca un'anima.

Nessun commento: