martedì 18 marzo 2008

Contro un mondo di Immortali.

Anni fa uno dei padri della psicoanalisi italiana, Cesare Musatti, laico, dichiarò, quando aveva superato i novant'anni ed era quindi al di là di ogni sospetto: "Un mondo popolato solo da vecchi, o prevalentemente da vecchi, mi farebbe orrore". Sono quasi le stesse parole usate, qualche giorno fa, da Benedetto XVI parlando ai ragazzi del Centro Giovanile San Lorenzo di Roma: "Un mondo di vecchi sarebbe spaventoso". E Ratzinger ha aggiunto, in polemica con quella parte della scienza medica, biologica, genetista (e anche con quella pseudocoscienza, più vicina alla ciarlataneria di Cagliostro e degli alchimisti, dei medici-manager alla Veronesi e alla Don Verzè col suo 'Centro San Raffaele Quo Vadis' e il suo progetto per l'immortalità) che sta lavorando per portare la vita dell'uomo a 120 anni e in prospettiva, con ulteriori nuove scoperte, a 400, a 500, a 800 anni: "Poniamo pure che venisse scoperta la 'pillola dell'immortalità'. Che cosa accadrebbe? Avremmo un mondo invecchiato, un mondo di vecchi che non lascerebbe più spazio ai giovani, alla novità della vita". Se portiamo infatti i progetti prometeici dei nostri moderni scienziati alle loro estreme conseguenze logiche si arriverebbe a un punto in cui, in un mondo saturo di umani, non ci sarebbe più posto per nuove nascite. Sarebbe un mondo pietrificato. Quello degli Immortali sarebbe un mondo morto. Questi sono i paradossi cui conduce la Scienza quando inseguendo i deliri di onnipotenza della Ragione illuminista perde la ragionevolezza, il senso del limite.L'uomo della società preilluminista, preindustriale, agricola, sapeva bene, attraverso la conoscenza del ciclo seme-pianta-seme, che la morte non è solo la conclusione inevitabile della vita, ma è la 'precondizione' della vita. Senza la morte non ci sarebbe nemmeno la vita.Certo, l'uomo non è una pianta. Per lui le cose non sono così semplici. E' un animale tragico perchè è la sola creatura ad essere lucidamente consapevole della propria esistenza e della sua ineluttabile conclusione. E questo è un boccone amarissimo da mandar giù. D'altro canto se non può accettare serenamente la propria morte non può nemmeno concepire l'immortalità. Tanto il finito che l'infinito, sia nel tempo che nello spazio, sono fuori dalla sua possibilità di comprensione, concettuale ed emotiva. Per questo, attraverso le religioni, ha ipotizzato un'immortalità metafisica (che è il discorso che faceva Ratzinger a quei ragazzi), ma non ha mai pensato, se non nella letteratura di fantascienza, alla possibilità di un'immortalità fisica.Ci voleva la dabbenaggine della scienza moderna per arrivare a questo.Del resto è da tempo che la Scienza, allontanandosi dalla conoscenza pura in favore delle sue applicazioni e del suo braccio armato, la Tecnologia, ha smesso di farsi domande. Si è risolta in un puro agire. Se può fare una cosa la fa, punto e basta, senza porsi ulteriori interrogativi. E questo, lasciando pur perdere le follie deliranti sull'immortalità, vale anche per quell'imperativo categorico dei tempi moderni che è l'allungamento a tutti i costi della vita. Ma se questo allungamento abbia davvero un senso, e quale, la Scienza non se lo chiede. Già nei primi anni del '900, in quel suo straordinario saggio intitolato 'La scienza come professione', Max Weber scriveva: "Il 'presupposto' generale della medicina moderna è che sia considerato positivo, unicamente in quanto tale, il compito della conservazione della vita...La scienza medica non si pone la domanda se e quando la vita valga la pena di essere vissuta. Tutte le scienze naturali danno una risposta a questa domanda: che cosa dobbiamo fare se vogliamo dominare 'tecnicamente' la vita? Ma se vogliamo e dobbiamo dominarla tecnicamente, e se ciò, in definitiva, abbia veramente un significato, esse lo lasciano del tutto in sospeso oppure lo presuppongono per i loro fini". Purtroppo i Max Weber non ci sono più. Oggi siamo in mano ai Don Verzè.
MASSIMO FINI

2 commenti:

Simone ha detto...

Come al solito i post che proponi, anche se non sono fatti di penna tua, sono interessantissimi e rispecchiano perfettamente il mio pensiero.
Con la mia associazione mi sto occupando di libertà di scelta terapeutica e nella campagna di diffusione di un libro avevo parlato anche di questo.
Il grande inganno della scienza medica è di aver sì allungato la vita, ma prolungando di fatto solo la vecchiaia, mentre molto più utile sarebbe stato ritardare l'invecchiamento in modo che, ad esempio, un cinquantenne di oggi potesse essere nelle condizioni fisiche di un trentenne di qualche decennio fa.
E invece il limite della salute è fermo da sempre a 58 anni e l'invecchiamento arriva inesorabile.
Insomma l'idea dell'immortalità per vecchi decrepiti è un'idiozia pura, i Don Verzè e i Veronesi davvero dovrebbero lasciare il lavoro agli sciamani!

Anonimo ha detto...

Tutto giusto, ma... Alla fin fine è solo questa bramosia di esistere o meglio di sapere che esistiamo che ci sballotta da una parte all'altra da un santone all'altro da un luminare della scienza all'altro. Da una compagna all'altra, da un'occupazione all'altra.